PARTE 1

a cura di MARCO GALLARETO

Il luogo comune che gira attorno ai 13 e più anni che passerai seduto al banco dell’aula è “la scuola è la base del tuo futuro”. Il luogo raro è “il futuro” perché, come direbbe Marracash, “Non è che con la laurea non fai un lavoro di m…”. 

Poco importa se dalla regia sento bisbigliare frasi del calibro: “Non ha senso laurearsi; i più grandi businessman a scuola facevano tutti schifo. Guarda Steve Jobs… partito da zero ha fatto crescere una mela che fattura annualmente non miliardi ma TRILIONI di dollari”. Effettivamente senza di lui tu non stringeresti tra le mani quel maledetto iPhone a cui sei affezionato/a al punto che se dovesse rompersi saresti più disperato/a che se perdessi tuo/a figlio/a in un sinistro! Non che io sia diverso, ma più che perdere il telefono mi interessa conservare le mie fotografie e le memorie, quelle sì.

6 O NON 6 (bravo)?

I professori, i docenti, i laureati o che dir si voglia, dicono che a loro non importa se prendiamo voti deludenti, ma noi dobbiamo aver imparato quello che ci hanno insegnato: sarebbe il miglior compenso per un lavoro tra i più sottopagati che si conosca.

Mi viene dunque spontanea una semplice domanda rivolta al corpo docente: 

Davvero vi importa delle nostre conoscenze? Interessante! E allora come mai chiunque si ritrovi con qualche materia al di sotto del 6 lo rinchiudete in casa a studiare per tutta l’estate in attesa di un esame di recupero da dentro o fuori? 

Vi contraddite da soli! Non serve dire che siete contenti quando i vostri alunni prendono 10 e stizziti quando prendono un voto rosso, ma chi ha preso un voto rosso era un totale citrullo o sapeva le cose e quando si è trovato dinanzi il foglio si è scordato parole e fatti per colpa dell’ansia? Io se prendo un voto basso è principalmente per il secondo motivo. Da piccolo non avrei mai accettato di prendere meno degli altri ma poi, negli ultimi tempi, ho concluso che questi scleri non avrebbero dato frutti. 

ZERO ANSIA

Come mai?

Il fatto è che ogni verifica è una storia a sé, un po’ come le partite di calcio e l’andamento dei club. Ricordate quando la Sampdoria di Mancini e del compianto Gianluca Vialli riuscì nell’impresa di conquistare lo scudetto nel 1991 e persino di arrivare in finale di Coppa dei Campioni (l’odierna Champions League) l’anno dopo (persa contro l’inarrestabile Barcellona)? Non si può paragonare tale schieramento con quello di adesso, che invece è sull’orlo del fallimento e sarà probabilmente retrocesso in serie B, perché erano diversi i calciatori (dunque il tasso tecnico) e molte delle regole. Ciò in sintesi vuol dire che si può essere preparati per un compito in classe e meno per altri. Aumenta la difficoltà delle materie, le cose da ricordare (non solo per prepararsi all’impatto col muro del foglio di carta che si tramuterà in un numero su una pagella) e magari cambierà la voglia di studiare, pur essendo fondamentale per andare avanti nella vita senza essere costretti a fare rapine. 

Totò direbbe: “Questa è la civiltà: hai tutto ciò che vuoi quando non ti serve” e dunque potremmo essere dei sapientoni fuori dalle mura dell’aula ma poi, quando è ora del test… amnesia. E quando succede vediamo delle porte che si chiudono e noi ci sbattiamo contro.

Siamo passati ad affrontare un altro luogo comune: “la scuola non è una corsa al voto” e questo mi coinvolge in prima persona.

In questo caso, qual è il luogo raro? Non saprei… perché il voto c’è ma, il posto dove si conserva ciò che hai dovuto imparare, dove si trova? 

È raro appunto perché il più delle volte si studia a memoria prima di un’interrogazione o una prova scritta. E se il giorno dopo ti facessero qualche domanda sullo stesso argomento? Non credo riusciresti a rispondere, anzi, è più probabile che Cassano azzecchi un pronostico!

Ecco come mai potresti avere conseguito tre lauree e rimanere un imbecille così come potresti essere “un computer fatto a carne e ossa” ma non riesci a trovare alcun lavoro non manuale, perché il panico ti precludeva i risultati necessari a superare gli esami. Il mio ex docente di matematica mi ha insegnato che imparare a memoria non è una buona arma e che a un certo punto dovrai iniziare a far lavorare il cervello e dimostrare che i fatti, le parole e le cifre LI CONOSCI DI TUO e non li hai assimilati per l’occasione.

Allora mi chiedo: “se non esistesse un sistema che valuta gli scolari in base ai risultati (rappresentati da degli insignificanti numeri da 2 a 10) ma all’impegno per ottenerli, cosa cambierebbe nel nostro modo di prepararci”?

Proveremo a dare una risposta… nella prossima puntata!

ADIEU!

Immagini Pixabay

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